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Ambiente, etica e economia: l’enciclica “Laudato si’”

di - 16 Ottobre 2015
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Questo si può fare in due modi: o direttamente, imponendo una tassa sull’inquinamento, o indirettamente, fissando un  livello di inquinamento oltre il quale non si può andare, distribuire dei permessi a inquinare nei limiti di questo vincolo e lasciare che essi si scambino sul mercato in modo che sia il mercato a stabilire un prezzo per l’inquinamento.
La frase del Papa è critica soprattutto su questo secondo strumento. Indubbiamente i problemi ci sono: per esempio si tratta di mercati che riguardano solo alcuni inquinatori, instabili perché molto sensibili al ciclo economico, soggetti, come afferma il Papa a speculazione.
Anche una tassa sull’inquinamento però ha problemi, soprattutto perché non è per nulla facile determinarla in modo che risponda al valore del danno ambientale che dovrebbe scoraggiare, dato che questo danno non si manifesta sul mercato.
Che un prezzo per l’inquinamento (o nel caso specifico del cambiamento climatico, per le emissioni di CO2) sia utile e necessario, come sostiene la teoria economica, è vero; ma, da un lato, gli economisti dovrebbero essere più consapevoli delle difficoltà di attuazione, e dall’altro lato, soprattutto, dovrebbero essere consapevoli della sua insufficienza per affrontare la crisi ecologica allo stadio al quale è arrivata.
Il segnale di prezzo può servire per scegliere le tecnologie orientate all’ambiente tra quelle esistenti. Ma qui c’è bisogno di innovazioni radicali, e per queste i segnali di prezzo non bastano. Occorre un intervento diretto e indiretto dei governi nella ricerca e nella sua traduzione in innovazioni “low carbon”.
Quindi il Papa non ha tutti i torti nel mettere in guardia su un eccessivo affidarsi agli incentivi di prezzo nella regolazione ambientale: questi incentivi sono necessari, ma non sufficienti. E’ molto importante allora che il Papa riconosca  l’importanza di un progresso tecnologico orientato all’ambiente, della collaborazione tecnologica e del trasferimento di tecnologie soprattutto verso i paesi in via di sviluppo (par. 172).

Di fronte alla sfida ecologica: non mitizzare la crescita, puntare sulla responsabilità.
Nell’ultimo capitolo, l’enciclica si concentra sulle linee di orientamento e di azione: sottolinea l’importanza di arrivare ad accordi internazionali soprattutto per i problemi ambientali globale; ma è consapevole che senza una spinta dal basso, dalle popolazioni e dalle opinioni pubbliche dei vari paesi, non si arriverà molto lontano; richiama quindi la necessità di integrarli con azioni nazionali e locali. E sottolinea anche l’importanza del contributo delle comunità locali nella gestione delle risorse degli ecosistemi (par. 179).
Un punto importante dell’enciclica è l’atteggiamento verso la crescita economica nei confronti del suo rapporto con l’ambiente, atteggiamento che appare equilibrato: “ Se in alcuni casi lo sviluppo sostenibile comporterà nuove modalità per crescere, in altri casi, di fronte alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche
a ritornare indietro prima che sia tardi. Sappiamo che è insostenibile il comportamento di coloro che consumano e distruggono sempre più, mentre altri ancora non riescono a vivere in conformità alla propria dignità umana. Per questo è arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti”. (par. 193)
Quando si parla di “decrescita” tuttavia bisogna intendersi sul significato del termine: si tratta di minore tasso di crescita o di assenza di crescita (economia stazionaria) o addirittura tasso di crescita negativo? Io penso che si debba parlare eventualmente (come del resto fa il Papa) di rallentamento della crescita. Ma anche qui bisogna intendersi su quale è il punto di partenza.
Una cosa è parlare della Cina che nel lungo periodo tra il 1995 e il 2010 ha sperimentato un tasso di crescita del PIL del 10%. Il modello di crescita dell’economia cinese non solo è troppo sbilanciato a favore delle esportazioni e degli investimenti e a sfavore dei consumi, non solo non presta la dovuta attenzione alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza sociale e alla sanità, ma va ridimensionato gradualmente anche nel tasso di crescita del PIL che dovrebbe gradualmente ridursi.
Molto più problematico diventa il discorso nelle economie già mature, nella quali il tasso di crescita del PIL di lungo periodo è già molto più basso, e che viene ulteriormente ridotto da episodi ricorrenti di crisi economica; in queste economie ridurlo ulteriormente creerebbe conseguenze molto serie, soprattutto in termini di occupazione.
Il punto vero è che la valutazione del tasso di crescita non deve riflettere una strategia che non punta a massimizzarlo senza condizioni, ma una strategia che si propone piuttosto di vincolare  il tasso di crescita alla massimizzazione del livello di benessere sociale e in particolare alla minimizzazione dell’impatto negativo dell’inquinamento su questo benessere, alla massimizzazione del tasso di riciclaggio della materia usata e alla minimizzazione della dispersione di energia. Il modello di crescita economica prevalente non rispetta certo queste condizioni; va quindi radicalmente modificato.
Infine l’enciclica insiste molto sui cambiamenti negli stili di vita per spingere a cambiare il modello di sviluppo nella direzione della sostenibilità: “Un cambiamento negli stili di vita potrebbe arrivare ad esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale. È ciò che accade quando i movimenti dei consumatori riescono a far sì che si smetta di acquistare certi prodotti e così diventano efficaci per modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione. È un fatto che, quando le abitudini sociali intaccano i profitti delle imprese, queste si vedono spinte a produrre in un altro modo. Questo ci ricorda la responsabilità sociale dei consumatori” (par. 206).
A questo contribuisce una buona educazione ecologica (par. 210): “L’esistenza di leggi e norme non è sufficiente a lungo termine per limitare i cattivi comportamenti, anche quando esista un valido controllo. Affinché la norma giuridica produca effetti rilevanti e duraturi è necessario che la
maggior parte dei membri della società l’abbia accettata a partire da motivazioni adeguate, e reagisca secondo una trasformazione personale. …
L’educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno un’incidenza diretta e importante nella cura per l’ambiente” (par. 211).
Questo è un punto importante perché la responsabilità ambientale è cruciale sia per fare in modo che il mercato si orienti verso una sempre maggiore attenzione all’ambiente, sia per facilitare l’attuazione delle politiche necessarie per attuare le richieste modifiche nel modello di sviluppo.

Il testo dell’enciclica è disponibile al seguente indirizzo: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html

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