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Riforma del Codice dei Contratti Pubblici e impegni presi per il PNRR: una grande opportunità con alcuni pericoli1

di - 27 Aprile 2022
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6) Eliminazione dell’incertezza delle fonti.  L’attuale sistema delle fonti (in senso ampio, comprendendo anche provvedimenti a carattere non normativo ma comunque rilevanti) appare complesso e confuso. In ambito Europeo abbiamo il Trattato e le Direttive, una serie di atti ricognitivi (libri verdi, determinazioni della Commissione, ecc.) e le sentenze della Corte di Giustizia. Nel diritto interno, il testo del Codice è continuamente oggetto di emendamenti e correzioni. Si aggiungono una molteplicità di fonti secondarie con contorni spesso non chiari: le linee guida vincolanti e non vincolanti dell’ANAC, i decreti ministeriali. In tale contesto, il decreto Sblocca Cantieri del 2019 aveva previsto l’introduzione di un nuovo Regolamento Attuativo, mai venuto alla luce. Da ultimo, alcuni istituti sono stati sospesi prima dallo Sblocca Cantieri e poi dai decreti Semplificazioni 2020 e 2021, che hanno introdotto anche numerose deroghe (di cui alcune, peraltro, a tempo) per talune categorie di contratti. A tutto questo, si sono aggiunte specifiche altre norme derogatorie per i progetti finanziati con il PNRR, contenute nel semplificazioni 2021. La conseguenza è la grande incertezza di chi deve concretamente applicare le norme, che deve essere eliminata. E’ stata, peraltro, recentemente riattivata la Cabina di Regia prevista dall’art. 212 del Codice, che svolge il compito di preparare proposte e correttivi consapevoli e che coordinasse i diversi attori.

7) Concentrazione e qualificazione delle stazioni appaltanti. Per un corretto esercizio della discrezionalità è necessaria una ulteriore concentrazione e qualificazione delle stazioni appaltanti con la definizione dei requisiti di qualità che devono possedere. Occorre dunque dare attuazione all’art. 38 del Codice, che per note resistenze politiche è rimasto inattuato. Sarebbe, dunque, auspicabile  la professionalizzazione del buyer pubblico, focalizzato sulla qualità dei risultati e sul supporto ai centri di spesa nelle scelte e nella programmazione. Su questo ruolo si deve investire in competenze e motivazione, per la arrivare anche a valorizzare il procurement come strumento dell’attuazione delle linee politiche di sviluppo del paese. Attualmente l’attuazione dell’art. 38 del Codice è oggetto di un protocollo di intesa tra la Presidenza del Consiglio e l’ANAC che dovrebbe portare all’emanazione delle nuove linee guida entro la fine di marzo del 2022.

8) Redistribuzione del peso delle diverse fasi della vita del contratto. Il Codice vigente appare fortemente focalizzato sulla fase dell’affidamento dei contratti pubblici, che certamente dovrebbe essere semplificata, mentre sono decisamente trascurate le fasi della programmazione del contratto da affidare (che comprende la progettazione) e dell’esecuzione. Se questo squilibrio si giustifica nelle direttive Europee, per il fatto che esse si occupano essenzialmente degli istituti che hanno rilevanza ed impatto sul mercato unico, esso non è spiegabile nel diritto interno. Occorre anche considerare che l’esperienza dimostra che sono proprio le fasi della programmazione e dell’esecuzione dei contratti, proprio perché trascurate, quelle che richiedono tempi più lunghi e che sono a maggiore rischio di corruzione.

9) Riforma dell’ANAC e potenziamento della vigilanza collaborativa. L’ANAC ha assunto ormai troppe anime e appare ormai inadeguata a svolgere tutte le funzioni che le sono assegnate. A tale autorità dovrebbero rimanere generali competenze di Autorità anti-corruzione e per trasparenza, trasversali e non caratterizzanti la sola materia dei contratti pubblici.
Per il settore dei contratti pubblici occorre ricreare un’Autorità di settore che si occupi dell’efficienza degli acquisti con: l’abbandono definitivo del modello delle linee guida vincolanti; lo sviluppo sistematico di linee guida non vincolanti, anche e soprattutto a carattere tecnico (sul modello delle best praticies); l’implementazione della funzione di vigilanza collaborativa e di ausilio alle stazioni appaltanti; una modalità operativa che risponda ad una logica non repressiva ma di fiducia/controllo.
Un terzo gruppo di proposte riguardano particolari settori e discipline.  Ad esempio, appare importante:

10) Restituire la necessaria autonomia alle discipline dei servizi e delle forniture. Le discipline dei servizi e delle forniture hanno perso la loro autonomia e sono state assorbite in quella dei lavori, che costituisce l’asse portante del Codice e alla quale vengono operati continui rinvii con locuzioni del tipo “per quanto applicabile” o “in quanto compatibile”. Se questo in parte è inevitabile, visto che la Direttive Europee del 2014 (così come quelle del 2004) hanno unificato i tre settori, è pure vero che i servizi e le forniture appaiono oltremisura sacrificati, con la conseguenza di ulteriore incertezza degli operatori. E’ dunque necessario curare in modo particolare questi due settori che, peraltro, hanno la caratteristica di essere più sensibili all’innovazione tecnologica e informatica di quanto non lo siano i lavori. Il ragionamento vale per le discipline degli appalti della parte II del codice ma ancora di più delle concessioni della parte III e dei contratti di partenariato pubblico privato della parte IV.

11) Rendere autosufficiente la disciplina delle concessioni. Le parte III del Codice è dedicata ai contratti di concessione e recepisce la direttiva 2014/23/UE. Tuttavia, mentre tale direttiva è autosufficiente rispetto alla 2014/24/UE sugli appalti pubblici il nostro Legislatore ha deciso di costruire la disciplina delle concessioni in modo non autonomo con continui riferimenti a quella sugli appalti della parte II, che si pone come disciplina generale dell’intero Codice. Il problema si pone in modo ancora più grave per le concessioni di servizi, visto che il rinvio alla disciplina applicabile in questo caso è doppio: il primo è dalla disciplina delle concessioni di servizi a quella sulle concessioni di lavori e il secondo, appunto dalle concessioni agli appalti. La conseguenza di tutti questi rinvii è quella di creare enormi incertezze sulla disciplina concretamente applicabile. Dunque, sarebbe auspicabile riscrivere la parte III del Codice in modo autosufficiente rispetto alla parte II, così risolvendo gli attuali dubbi interpretativi.

13) Revisione della discplina dei partenariati pubblico privati e coordinamento con quella delle concessioni. Le disposizioni della parte IV del Codice sono dedicate ai contratti di partenariato pubblico privato, categoria generale nella quale rientrano anche le concessioni disciplinate dalla parte III. Le due parti tuttavia non appaiono coordinate, come dimostra la questione della collacazione delle concessioni c.d. fredde, che pure essendo concessioni (dunque, sotto il cappello della direttiva 23/2014/UE) pare (ma il dubbio rimane) siano collacate nella parte IV (che, trattando di partenariati, non dovrebbe fare riferimento alla stessa direttiva 23/2014/UE). La disciplina dei vari tipi di contratti di PPP (leasing in contruendo, contratto di disponibilità, ecc) è stata acriticamente importata dal Codice del 2006 ed è piena di contraddizioni, errori e lacune. Sono stati, in ultimo, inseriti in tale parte altre tipologie di contratti (interventi di sussidiarietà orizzontale e baratto amministrativo) che non hanno alcuna parentela con il partenariato pubblico privato ma che potrebbero essere considerati un partenariato pubblico – sociale. Il problema si pone, ancora una volta per i servizi, dal momento che le disposizioni della parte IV sono costruite per i lavori e applicabili ai serivizi “in quanto compatibili” (art. 179 comma 3), lasciando grande incertezza sulla disciplina concretamente applicabile.

L’attuale disegno di legge delega appare molto generico nel dettare i principi della riforma che verrà. Ricorrono le parole “razionalizzazione”, “revisione”, “semplificazione”, “individuazione delle ipotesi”, “riduzione e certezza dei tempi”. In tale ambito, tutte le idee e proposte che sono state descritte potrebbero trovare attuazione.  Si tratta di una grande opportunità, che dovrebbe essere colta dal Legislatore Delegato.
Per alcune delle proposte segnalate si può però intravedere un pericolo, derivante dalle stesse milestone che sono previste dal PNRR. Il pericolo consiste nella eventualità che siano trascurati i temi che esulano dallo schema consueto contratto di appalto/procedure tradizionali. Il riferimento è, ad esempio, al tema dell’esaltazione delle particolarità dei servizi, del partenariato pubblico privato, della sistemazione della disciplina delle concessioni, dell’utilizzo delle procedure innovative e flessibili, fondate sul confronto pubblico/privato). Tali temi, peraltro, sono stati già trascurati in tutti gli interventi normativi degli ultimi anni (sblocca cantieri, semplificazioni 2020, semplificazioni 2021).
Gli stessi temi appaiono trascurati dalle milestone del PNRR in materia di contratti pubblici, che vale la pena ricordare.
La milestone M1C1-70, dopo l’affermazione che “la legge delega deve stabilire principi e criteri precisi per una riforma sistemica del codice dei contratti pubblici” prevede che la stessa legge delega deve dettare quantomeno i principi e criteri direttivi seguenti volti a ridurre la frammentazione delle stazioni appaltanti; semplificare e digitalizzare le procedure delle centrali di committenza; definire le modalità per digitalizzare le procedure per tutti gli appalti pubblici e concessioni e definire i requisiti di interoperabilità e interconnettività; ridurre progressivamente le restrizioni al subappalto.

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